Tanti anni sono passati, tutta (quasi) una vita. La verità è che per tantissimo tempo avevo rimosso dentro di me i ricordi di quando sono stato alunno in questo convitto. Essendo io del 1944, avevo 9 anni, mio padre mi ci aveva portato nel 1953, per tre lunghi anni. Venivo dalla Sardegna, da una famiglia di 8 figli. Mio padre faceva il segretario comunale, ma nel dopoguerra le ristrettezze economiche erano la regola, e non solo per noi. Quindi a un certo punto si è cercato di alleggerire il bilancio familiare "premiando" il più bravo a scuola, mandandolo in collegio, con una sovvenzione dell'Inadel. Ricordo quando mi padre se ne andò, lasciandomi solo. Ma ricordo sopratutto l'angoscia e il dolore, perchè non capivo, allora non capivo. Ci davano, ogni tante settimane, una cartolina postale...e io la riempivo di parole, scrivevo tutto quello che facevo, tutto quello che succedeva, non lasciavo neanche un cm. di spazio libero. Dicevano che eravamo in 300, ma stavo sempre solo. Quando si andava nei campetti a giocare, io non giocavo...stavo in mezzo all'erba, e smangiucchiavo il grano selvatico. Ogni tanto mi chiamavano, volevano sapere perchè stavo da solo. Ma non avevo risposte. Nel coro del collegio, all'inizio avevo una voce acuta, ero stato messo fra i tenori...ma a un certo punto la mia voce cambiava, e venni tolto dai tenori...era il tempo in cui si cantava, per es., "Maruzzella", canzone napoletana. Ricordo le passeggiate, lungo la cinconvallazione, con il mantello "militare", fermato con una fibbia di ottone al collo. Ricordo la lunga camerata, dove si dormiva fra i tanti letti allineati. E ricordo che allora i più fortunati usavano di nascosto le radio a galena, senza batterie, con la cuffia, sotto le lenzuola. Ed era una grande meraviglia. Ricordo gli sconvolgimenti fisici, ormonali, della prima infanzia, quando non capivo niente di quello che mi stavo succedendo...e di quando, andandomi a confessare, mi dichiaravo come un grande peccatore al prete...il quale neanche lui aveva una parola di conforto, di spiegazione. Perchè io, come tantissimi altri, ero figlio di un'ambiente denso fino in fondo di catechismo, dei "10 comandamenti", dei dogmi e dei tabù sul sesso, di quel periodo disgraziato, di totale "plagio" mentale insomma. Questo periodo, l'ho capito dopo, mi ha segnato per tutta la vita. Da questo periodo posso dire che sono sopravissuto, dato che, dopo ben altri due anni in un'altro collegio a Cagliari, e dopo il diploma a Nuoro, tutto è sfociato in una depressione patologica...la crescita nella prima giovinezza per me era continuamente tragica, essendomi mancata, l'ho capito molto tardi, la vita sociale fra coetanei, dove da sempre si condividono in modo spontaneo e naturale tutti i problemi della crescita, nella vita in comune. Mi ricordo che un giorno mi sono confessato al prete del gruppo scout, affermando che avevo "peccato contro Dio e contro l'umanità". Adesso so che non era vero che peccavo... Mi rifugiavo sempre in una soffitta, e a una certo punto (non lo ricordo, me l'hanno detto molto tempo dopo) presi il fucile da caccia di mio padre, e da un terrazzo sparai a un povero cane, che mi disturbava. E allora ho conosciuto cosa vuol dire essere ricoverato forzatamente in un manicomio, dove le "cure" erano a base di camicia di forza, di elettroshock e di potenti farmaci. Ma anche da queste cose sono uscito fuori. Dopo qualche anno sono venuto in "continente" (sono stato un immigrato, insomma), alla ventura, dove fra varie vicissitudini ho trovato finalmente lavoro in un paio di compagnie aeree, e mi sono potuto fare una famiglia. Adesso, in pensione, mi dedico anima e corpo alla musica, nel Coro Polifonico di Ciampino. E ho saputo con piacere che anche ad Anagni c'è un Copo Polifonico, col quale sarà bello avere dei contatti, e anche cantare insieme. Perchè ho raccontato queste cose, molto personali? Un paio di settimane fa ho sentito la spinta di scrivere, su Internet, "Collegio Principe di Piemonte"...e la cosa poi è andata da sola. Credo che avevo bisogno di accettare il passato, di fare pace con esso, e anche con me stesso. Ora so che i miei genitori avevano creduto di fare il meglio per me, e a suo tempo glie l'ho anche detto, col cuore. Tutte queste cose certamente hanno contribuito a essere quello che sono; è anche così che si cresce. Mi ricordo anche di quando ero invitato, qualche domenica, a pranzo, dall'Economo del Convitto, che viveva con la moglie in un'ala della grande struttura. Il signore, ho saputo, si chiamava Gerolamo Casu, ed era sardo anche lui. Mi aveva preso a simpatia, e forse qualcuno gli aveva parlato di me, che me ne stavo sempre da solo. Un bel ricordo, questo, che spezzava un pò la monotonia del trantran giornaliero. Una goccia di calore umano, ospite di due persone gentili (non avevano figli, mi ricordo), che per un attimo mi facevano vivere dentro il calore di una famiglia. E una cosa mi aveva colpito: c'era uno dei primi televisori dell'epoca, un Geloso, una grande cosa, per quei tempi, anche se c'era un solo canale...ricordo ancora che trasmettevano le corse dei cavalli, alle Capannelle...e mi è rimasto impresso un nome: il campione ippico Renato D'Inzeo.

Grazie, Collegio Principe di Piemonte.

 

Giovanni Cara

             

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