Ricordo di D'Angelo Salvatore
PROFILI E RACCONTI DEL CPP - IX - L'EPIDEMIA DI INFLUENZA "ASIATICA" AL CPP
Ricordo: 'No no no no! Non me la voglio fare l'iniezione!...Ho paura'tu mi fai male!'
Michelino Totaro schizzò via dal letto e s'allontanò lungo il corridoio del camerone stracolmo di lettini, ora non più allineati solo ai lati delle pareti, ma anche al centro della camerata, uno dietro l'altro; camerata aperta apposta, al piano superiore dell'infermeria; un reparto fino a quel momento sconosciuto alla gran parte di noi, giunti al CPP nell'anno scolastico 1961-62.
Viti, impalato vicino al carrello dei farmaci, la grande siringa in mano, il volto rubizzo di chianchiere* più che da infermiere, rimase interdetto'
'Totaro, dà i viè qua' - è un attimo solo - facciamo subito'
'No, vattene via, non me la voglio fare l'iniezione!...'
Mentre Michelino scappava zigzagando, Viti fece cenno a Marino, convittore di prima squadra il cui letto era vicino all'ingresso, di chiudere la porta per non lasciarlo sgusciare via.. Michelino, in frenata sulle mattonelle traslucide, deviò a destra e, vistosi in trappola, s'arrampicò lungo l' enorme avvolgibile del finestrone che dava sul giardino e lì si rannicchiò, ogni tanto scalciando contro gli infruttuosi tentativi di Viti che cercava di afferrarlo per i piedi'
'Dà i, Totaro viè giù che non ti succede niente'.
'No, vattene via!...'
'Nun me fa arrabbià eh?!.... chè te do du' sganassoni, sa!'
' E io ti faccio spaccare la faccia da mio fratello Peppino! Vattene via'.vattene! '
Non ci fu verso.
Dovettero chiamare dall'infermeria Peppino Totaro, fratello maggiore, anche lui ricoverato, per far scendere Michelino dall'avvolgibile e ci vollero lunghe trattative e la promessa del dottor Torre di fargli avere una tavoletta di cioccolato perchè si placasse, si facesse immobilizzare e finalmente sforacchiare dal miracoloso ago della guarigione, dopo mille rassicurazioni, alla presenza costante di Peppino, tra gli applausi e il giubilo di tutti i ricoverati'
In tempi di psicosi da coronavirus questo flash mi ha illuminato gli angoli oscuri della memoria, sgranandone uno dopo l'altro i ricordi'
Non rammento con esattezza l'anno e il periodo, ma non ho dimenticato il discorso del Rettore Lavorgna in refettorio ( come era solito fare nelle solennità civili o nelle grandi emergenze), a illustrare le misure atte a fronteggiare la situazione, mentre le scandiva, inesorabile, mitragliando i suoi "babè" a mo' di intercalare.
Mi risuonano, come una eco, brani di quel discorso'. forse trattavasi di un rigurgito della febbre asiatica, o forse no' non era ben chiaro, comunque si sarebbero adottate misure severe ma necessarie'. nona ottava e settima squadra ' i più piccoli, i più esposti, così pareva' sarebbero rimasti in quarantena nei propri reparti'. I lavoranti ci avrebbero portato colazione pranzo e cena sui banchi in sala studio'niente campo, niente cinema la domenica, niente uscite all'aperto (brusio di disappunto)' scuola e compiti sempre in sala studio "Forza ragazzi, ce la faremo! Intanto vi faccio grazia di tutte le punizioni"'
pronto a minacciare il contrario per la nostra smodata, immancabile esultanza.
I febbricitanti furono ricoverati in infermeria, che ben presto si saturò.
Fu allora che scoprii la nuova camerata al piano superiore, opposta agli alloggi del Rettore, del Vice e del Maestro di Casa; camerata di cui non avevo sospettato l'esistenza.
C'ero arrivato la sera prima, mezzo stordito, la febbre a trentanove'
Fui sistemato in un lettino addossato alla parete opposta a quella dell'ingresso, alla mia destra Mario Franceschini, a sinistra Michelino, che già dormiva.
L'altro infermiere che si alternava con Viti - il compassato Imperia dal viso squadrato, occhialini rotondi di tartaruga di moda negli Anni Trenta - mi sforacchiò di penicillina, mentre, riverso, il cuore in gola, stringevo le lenzuola, badando di non cedere al pianto e alla paura, cercando di imitare Franceschini che mi aveva preceduto e non aveva battuto ciglio e che ora mi osservava disteso di fianco, silenzioso, imperturbabile..
Poi mi addormentai, le luci in modalità notturna, l'odore di farmaco e di cibo ancora nell'aria.
Vi restai tre, forse quattro giorni che mi parvero interminabili, in un viavai di dimissioni, nuovi arrivi e nuovi letti in doppia fila, tra lo sgrullare secco del termometro di Viti, viso e camice da "chianchiere", mentre si piegava sul carrello a segnare la temperatura nel diario di bordo e nella cartellina appesa alla testiera del lettino, o del gesto più delicato di Imperia, accompagnato dall 'immancabile mezzo sorriso e dal "domani esci" scandito a tutti, seguito poi da questo siparietto
'Allora oggi esco?'
'No oggi no'
'ma tu ieri mi hai detto che oggi uscivo!....'
'No. Ti ho detto "domani" esci' Oggi è oggi!
sorridendo compiaciuto della nostra ingenuità ..
Quando passava per le visite, il dottor Torre, tondo e tarchiato, gli occhi dallo sguardo ridarello, la silhouette molto simile a quella del Professor De Occultis nell'albo a fumetti de "Il Grande Blek", aveva sempre una battuta allegra per tutti e un sorriso' ti lasciava un foglio, una penna, un quadernetto ..
'Chi abbiamo qui eh?.... Ah' D'Angelo e Franceschini! Il piccolo poeta e l'artista! '.
Si ricordava ancora di quando, in seconda elementare, fui ricoverato per la prima volta in infermeria ' osservavo la pioggia che batteva contro i vetri, gli occhi colmi di malinconia e improvvisavo ad alta voce
'Tic toc tic toc' chi à che bussa alla finestra?'
'son la pioggia e reco essenza di ginestra!...'
'Tic toc tic toc' se tu cielo mandi manna
'Tic toc tic toc' fammi il viso della mamma!'
'Tic toc tic toc' se tu cielo c'hai la gonna
Tic toc tic toc' fammi il viso della nonna!'
non accorgendomi che lui s'era fermato ad ascoltare sulla porta
'Bravissimo! Qui abbiamo un piccolo poeta eh?... Viti, dopo le medicine, lasciamogli anche carta e penna, chè stasera voglio leggere che ci scrive!'
Ma non ero capace a scrivere su commissione. Mi spremevo, mi torcevo per stillare qualche ritornello' ma niente!... fino a che Marzano, un diplomando , mi toglieva dalle ambasce soffiandomi qualche verso che trascrivevo lentamente sul foglio, a completare i miei.
Franceschini, invece, era capace di eseguire all'impronta ogni genere di disegno, con bravura prodigiosa, con mano ferma e sicura' il disegno ce l'aveva proprio nel sangue.
'Il piccolo poeta e l'artista abbiamo qui'e tu ? Tu che sai fare?' Ora chiedeva sornione a Michelino Totaro..
'Lui fa Tarzan'. S'arrampica sugli avvolgibili!' soggiungeva Viti, stirando il viso rubizzo da "chianchiere", il sorriso d'occhi a punta di spillo
'Va bene va bene'. Domani li dimettiamo tutti e tre, D'Angelo Franceschini e Totaro'. Ma che sia domani inteso come l'oggi che vien domani eh' strizzando l'occhiolino ad Imperia, alla sua destra..
Così tornammo tutti e tre in squadra, pronti per l'interminabile quarantena. Con Ciccotti, Del Monte e Ambrosetti che si affannavano intorno ai carrelli per portarci colazione pranzo e cena, apparecchiando e sparecchiando sopra i banchi dello studio.
Un tempo che ci pareva interminabile, gli unici svaghi, la ricreazione delle due, delle cinque e delle otto e trenta, ristretti in sala studio, con Pio Mottola a improvvisare partite di calcio tra i banchi con una palla di fogli accartocciati e tenuti con lo spago, ora con Rizzello, ora con Massaro o con Crinò' Mommino La Marca , Gallucci, Visconti, Nardone ( che aveva ogni sorta di giochi) impegnati con le piastre gialle, rosse e blu di plastica, lanciate a battimuro : vinceva quello che riusciva a far scavalcare quella degli altri col proprio colore'
Un tempo interminabile, al massimo scandito dall'uscita in veranda, per una boccata d'aria e per la caotica partita con la palla di carta, tra spinte e urla selvagge..
Le lezioni si facevano sempre in studio, venivano appositamente da fuori il professor Vincenzo Grillea, zio dell'Istitutore Domenico Grillea, coadiuvato da Di Lillo e da Braiùca'
Chissà quando saremmo ritornati nelle nostre aule, con i maestri Cerasaro, Nobrisi e Spada'
Chissà quando avremmo rivisto Concettina e Peppino Cerasaro, la nipote del Rettore e il figlio del maestro Agostino, gli unici esterni in classe con noi'
Già , chissà quando avremmo rivisto la meravigliosa Concettina!...
Ma questo è un altro'. racconto
*macellaio, nel dialetto dell'agro atellano-aversano.
( foto di Mimmo Corrado )
P.S. Il COVID 19 ci fa un baffo, a noi dell' Ex CPP Convitto Principe di Piemonte Anagni
" Babe' ragazzi, restiamo tutti in casa, distanti e uniti nel cuore.
Babe' , ce la faremo!... Viva l' Italia!
Per dirla con il nostro grande e compianto Rettore Antonio Lavorgna .
Un abbraccio a tutti voi!
